Empowerment e diritti | Violenza

Una riflessione sul film “C’è ancora domani”

In “C’è ancora domani” film del 2023 diretto da Paola Cortellesi, girato in bianco e nero nella Roma del dopoguerra, si affronta il ruolo della donna e i suoi diritti. 

La storia della protagonista Delia è la storia di una donna che reagisce a modo suo, come può e come riesce, a una vita ingiusta e che prova a riconquistare una dignità che le è stata portata via senza che quasi se ne rendesse conto. Si muove, sempre affannata, tra i vicoli del suo quartiere e il cortile, che costituiscono il suo piccolo mondo e che rappresentano una geografia familiare rassicurante e al contempo asfissiante. Dagli scambi comunicativi (“stai zitta”, “guadagni meno perché non sei un uomo”, “non sei abbastanza”, “si fa così’”) e dal non verbale, emergono secoli di patriarcato e la condizione femminile tra le mura domestiche caratterizzata da completo asservimento alle figure maschili grezze e violente, e abusi psicologici e fisici. In questo film ci siamo tutte, le nostre nonne, le nostre mamme e le ricadute su di noi oggi. Donne servili, invisibili, dimesse, che sacrificano se stesse, affogate da doveri che tutti ritengono ovvi e naturali. 

Questa storia tocca corde profonde, radicate nell’inconscio, di soprusi e ingiustizie collettive. È piena di dolore, spesso subìto e non manifestato, ma anche di forza che ci ricorda il coraggio e la determinazione della donna nel corso della storia nell’impegno ad emanciparsi dal ruolo in cui è stata relegata e costretta dalla società. Il rossetto nel film simboleggia proprio questa spinta evolutiva ed emancipativa. 

Il rapporto madre-figlia pone l’attenzione sull’eredità emotiva e la trasmissione intergenerazionale dei vissuti, non solo traumatici come gli abusi a cui i minori sono esposti, ma anche dei valori e ruoli familiari.  Attraverso il legame con la figlia avviene la presa di coscienza di una donna che pensava di non volere, di non valere più niente, di non avere più tempo e invece nella figlia vede la luce del cambiamento e della speranza. Così trova il tempo per compiere scelte per se stessa e per le generazioni successive. È questa complicità tra donne che libera dalle catene.

La scelta registica del bianco e nero fa riflettere sul divario tra il ricco mondo interno dei personaggi, le sfumature emotive vissute da ognuno e sollecitate nello spettatore e l’assenza di colore, vitalità o scelta nel mondo esterno: fuori è bianco o nero, o sei uomo o sei donna e devi starci dentroIn tutto il racconto la musica assume una valenza narrativa e l’evoluzione del racconto esplode nel gesto sovversivo di Delia, che attraverso il voto per la prima volta esprime se stessa, il suo esserci nel mondo, la sua presenza, segno di vera fuga e rivoluzione, con il messaggio “Io canto pure a bocca chiusa”.

Per concludere 

Il film rende giustizia alle tante Delia che nel loro piccolo quotidiano hanno compiuto e compiono gesti rivoluzionari per lottare e cambiare la propria posizione. 

Dove siamo oggi? Siamo ancora lì in quell’Italia in bianco e nero? Quel retaggio culturale ancorato al patriarcato ispira ancora il nostro agire?  L’aspetto storico del film è solo una maschera? Siamo libere noi donne di dire e di agire? 

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