Da oltre un decennio gli studi psicologici centrati sul binomio “sport e salute” sono aumentati esponenzialmente ed hanno contribuito a diffondere la consapevolezza che il movimento e l’attività fisica in generale, se praticati con frequenza, incidano in modo significativo sullo stato di salute e di benessere delle persone.
Una larghissima fetta della popolazione ne ha potuto fare esperienza diretta a causa della condizione di isolamento e reclusione forzata cui la Pandemia da Covid-19 ci ha costretto per lunghi, lunghissimi, mesi. Lo sport a casa è stato un ottimo e praticato antidoto alla chiusura di palestre, campi da calcio, parchi, centri di danza e fitness.
Lo sport non solo “assicura” una migliore longevità e permette di aggiungere anni alla vita, ma incrementa anche la qualità della stessa nel corso del tempo.
Tra i maggiori benefici personali derivanti dal praticare attività fisica, l’International Society of Sport Psychology (ISSP) elenca i seguenti:
- un aumento della fiducia e della consapevolezza;
- un miglioramento del tono dell’umore con riduzione della depressione e dell’ansia;
- un cambiamento positivo nella percezione di Sé;
- un aumento dell’energia e dell’abilità nel far fronte alle attività quotidiane;
- un incremento del piacere per l’esercizio fisico e per i contatti sociali;
- un maggior stato di prontezza e di chiarezza mentale.
Sport e giovani adulti: il ruolo terapeutico della danza su ansia e depressione.
I dati in nostro possesso ci informano, purtroppo, che l’incidenza dei problemi di salute mentale tra gli adolescenti e i giovani adulti è ora molto più alta di quanto sia stata negli ultimi decenni (Sinpia, 2020). Si assiste, inoltre, a un’interessante differenza di genere che esporrebbe le ragazze e le giovani donne a una maggiore prevalenza di disturbi “internalizzanti”, come ansia e depressione, mentre i maschi a un maggior rischio di sviluppare condotte “esternalizzanti” degne di note e/o problematiche comportamentali (uso di sostanze, condotte di dipendenza, ecc.).
Qualche anno fa’ uno studio controllato e randomizzato (RCT – Randomized Clinical Trial) svedese ha dimostrato gli effetti benefici della danza su un campione di adolescenti e giovani donne (14-22 anni) con problemi di internalizzazione (Duberg et al., 2013).
L’intervento di danza ha avuto luogo nella palestra di una cittadina, dopo la scuola o le lezioni universitarie, due volte alla settimana per 8 mesi, sotto la guida di tre istruttori di danza formati. Ogni lezione di danza durava 75 minuti e comprendeva: 15 minuti di riscaldamento, 40 di danza effettiva e 15 di rilassamento. L’obiettivo principale dell’intervento era il piacere del movimento. La danza era per lo più coreografata, ma l’improvvisazione e i movimenti spontanei erano sempre inclusi per incoraggiare la creatività dei singoli partecipanti. Non erano previste vere e proprie esibizioni, in quanto l’intenzione era quella di offrire un’esperienza di danza positiva priva di pressioni esterne, per godere della musica, della socializzazione con i coetanei (circa 20 ragazze per gruppo), e per migliorare la consapevolezza corporea.
A seguito dell’intervento sono state condotte delle interviste semi-strutturate, la cui durata variava tra i 35 e i 90 minuti. Le domande poste erano del tipo “Cosa ti è piaciuto di più/meno della sessione di danza?” e “Come si sente il tuo corpo quando danzi? È cambiato? Come?”.
L’analisi qualitativa delle risposte ha mostrato che l’intervento di danza è stato per la quasi totalità delle ragazze una preziosa possibilità di accesso alle proprie risorse personali: all’interno di un’atmosfera non giudicante e di supporto reciproco come base sicura, il divertimento e la responsabilizzazione nella danza hanno dato origine all’accettazione, alla fiducia nelle proprie capacità e all’espressione emotiva. Più in generale, le risposte fornite possono essere astratte in alcune categorie trasversali così descritte: (1) un’oasi dallo stress, (2) supporto reciproco, (3) divertimento e responsabilizzazione, (4) trovare accettazione e fiducia nelle proprie capacità, (5) luogo di espressione emotiva.
Il supporto reciproco e la possibilità di stare insieme hanno dunque offerto alle partecipanti la possibilità di connettersi con “altre” che condividevano gli stessi problemi di interiorizzazione, che sperimentavano le stesse pressioni e richieste, agendo un’importante funzione di rispecchiamento e creando un contesto di agio e benessere mentale, oltre che fisico.
Per star bene occorrono … costanza e impegno.
La scelta di condividere questo studio è motivata dal fatto che ben dimostra quanto possano essere “complesse” e arricchenti le esperienze connesse a un’attività fisica, producendo benefici a più livelli: sottili cambiamenti nella connessione corporea, percezioni del sé all’interno di un gruppo di pari, potenziamento delle funzioni emotive, di pensiero e autoregolatorie.
Sul versante più “tecnico”, inoltre, lo studio sopra riassunto supporta gli effetti positivi della durata di un esercizio fisico nel ridurre sintomi depressivi e ansiogeni.
Sono diversi gli studi che testimoniano come la riduzione di tali sintomi sia funzione diretta della durata dell’esercizio (ampiezza dell’intervento o numero totale di sedute), piuttosto che dell’intensità o della frequenza settimanale. Mentre l’intensità dell’esercizio può infatti produrre un miglioramento dello stato di salute fisica, ma non necessariamente un miglioramento psicologico, gli effetti più duraturi si osservano se i programmi durano almeno dai 2 ai 4 mesi, con un importante riduzione dell’ansia di stato, che sembrerebbe protrarsi anche per un periodo superiore ai 5 mesi (North, McCullagh & Tran, 1990; 2000; 2005).
Dssa Francesca Brasca – psicoterapeuta del team di Mama Chat