La depressione è uno dei disturbi dell’umore più diffuso e, secondo i dati dell’OMS, una delle principali cause di invalidità al mondo.
Esistono molti stereotipi rispetto all’identikit dell’individuo con depressione, ma la realtà è ben più varia: anche le persone più insospettabili possono soffrire di un profondo senso di tristezza, insoddisfazione e mancanza di piacere nelle attività quotidiane.
Come appare una persona con depressione?
L’immagine socialmente condivisa di chi soffre di questo disturbo è quella di una persona fisicamente trascurata, con tendenza all’isolamento, in sovrappeso o in sottopeso, poco comunicativa, apatica e triste. Se questa immagine può essere realistica, lo è solo di una parte di chi è affetto da depressione. Potrà sembrare un controsenso, ma anche una persona con una solida rete sociale, una carriera brillante e obiettivi lavorativi di responsabilità, in buona forma fisica e apparentemente allegra e attenta ai bisogni del prossimo può in realtà soffrire di depressione.
Questo perché, al di là dei sintomi manifesti o celati, la depressione colpisce trasversalmente tutte le fasce d’età e socio-economiche della popolazione, dai neonati agli anziani, influenzata da fattori biologici (ereditarietà e predisposizione genetica), psicologici (fattori di predisposizione, esposizione e apprendimento psicologico) ed ambientali (contesto sociale di riferimento).
Appurato che la maschera sociale manifestata da una persona affetta da depressione non necessariamente richiama a colpo d’occhio il disturbo, è importante aggiungere che questo disturbo dell’umore può anche colpire in fasi di vita particolari, come ad esempio nel puerperio, prendendo il nome di depressione post-partum (da distinguere dal cosiddetto baby blues per durata e intensità), o ciclicamente nel periodo premestruale, ossia la disforia premestruale.
Ma quali sono i sintomi del disturbo depressivo e come riconoscerli?
Se si soffre di depressione, con molta probabilità si percepisce un senso di lutto, di dolorosa perdita costante e pervasiva. Inoltre, si può percepire un grande vuoto interiore, profonda tristezza, continui pensieri negativi o catastrofici, ruminazione mentale persistente e uno sguardo a se stessi come critico, colpevolizzante, autosvalutante.
È possibile che la persona manifesti inoltre sintomi fisici come problemi del sonno, cattivo rapporto con il cibo, mancanza di desiderio o disfunzioni sessuali, fatica nel concentrarsi e memorizzare, agitazione, dolori o palpitazioni, ansia, fatica psico-fisica. Dal punto di vista dei pensieri infine, l’auto-svalutazione, il senso di insoddisfazione e di incomunicabilità, così come il senso di colpa e di autopunizione possono muoversi su un continuum che va dall’apatia e passività all’agitazione, fino ai pensieri o agli agiti suicidari.
Questo disturbo porta le persone a isolarsi, non necessariamente dal punto di vista sociale e concreto, ma dal punto di vista emotivo: disinvestono dalle relazioni emotive e rinchiudono in se stessi i bisogni di attaccamento e vicinanza al fine di proteggerli dal dolore, dalla frustrazione, e soprattutto dal senso di perdita e abbandono.
Come è possibile pertanto comprendere se si soffre di depressione?
Partendo dal presupposto che talvolta il disturbo si manifesta improvvisamente, come dopo eventi luttuosi o traumatici o di perdita, ma altrettanto spesso prende piede in maniera graduale, insinuandosi nella quotidianità e nel pensiero della persona senza che esse riesca a rendersi conto lucidamente di star sviluppando un profondo malessere interiore, è importante prestare attenzione ad alcuni indicatori:
- emotivi: senso pervasivo di perdita, vuoto, insoddisfazione, rabbia latente o tristezza, oppure apatia e senso di generico distacco da se stessi e dalle proprie emozioni, repressione dei propri bisogni emotivi di vicinanza e affettività;
- cognitivi: ruminazione (pensiero circolare insistente, ripetitivo, senza via d’uscita), perfezionismo, autocritica, bisogno di controllo, necessità di porsi continui obiettivi e progetti, bisogno di risultati per sentire così di valere, rimproveri auto diretti, pensieri di fine, abbandono o suicidari;
- sociali: scarso interesse nelle relazioni sociali oppure scarsa volontà di entrare in un rapporto di reciproca vicinanza emotiva con l’altro, bisogno di non perdere il controllo della relazione, sincero altruismo mettendo i bisogni degli altri davanti ai propri, tendenza all’isolamento, esplosioni di rabbia;
- fisici: disturbi del sonno e dell’alimentazione, disturbi della sfera sessuale, somatizzazioni, fenomeni ansiosi, difficoltà di concentrazione e di memoria, stanchezza psico-fisica.
Com’è possibile uscire dalla depressione e tornare a vivere una vita serena ed emotivamente appagante?
Riconoscere i sintomi è fondamentale per poter chiedere aiuto e intraprendere un percorso terapeutico. Se sospettiamo che qualcuno vicino a noi soffra silenziosamente di questo disturbo, può essere prezioso invitarlo con gradualità a prenderne coscienza e rivolgersi a un professionista. Talvolta infatti chi soffre di depressione nascosta tende a celare il proprio disturbo dietro un’immagine sociale adeguata o perfino insospettabile, risultando maggiormente a rischio di agiti suicidari proprio perché più difficile da cogliere per tempo da parte della rete sociale.
Uscire dalla depressione è possibile e con ottimi risultati, attraverso un percorso terapeutico adeguato e professionale che miri a sostenere la persona nella connessione emotiva con se stessa e con i propri vissuti, ma anche nella rimodulazione di una quotidianità che tenga conto dei bisogni emotivi e psicofisici della persona.
In linea generale, un intervento terapeutico adeguato aiuta l’individuo a prendere coscienza delle proprie abitudini interiori ed esteriori disfunzionali e a ricalibrarle, partendo dalla possibilità di uscire dal vissuto di passivizzazione, inefficacia o autosvalutazione. Il ruolo del corpo è altrettanto fondamentale, poiché una sana igiene alimentare, del sonno e la pratica sportiva aiutano il paziente a riacquistare benessere fisico e psicologico.
Per concludere quindi, la relazione terapeutica riveste in questo senso un valore primario in quanto è proprio all’interno dei vissuti emotivi condivisi che potranno essere strutturate nuove modalità di guardare a sé e agli altri, superando gli schemi disfunzionali dolorosi in direzione di una maggior accettazione e fiducia.