Normalizzare le sfide che i primi momenti di vita dei nostri bambini portano con sè
Se pensiamo alla maternità tendenzialmente siamo portati a pensare a un periodo felice, in cui non si perderà un momento per essere grati dell’arrivo di un minuscolo esserino a nostra immagine e somiglianza. Siamo perfettamente in grado di immaginare e proiettarci nel momento in cui guarderemo con occhi straripanti di amore il nostro bambino fare i primi sorrisetti e versetti o ci ritroveremo a giocare con i suoi piedini e le sue soffici guance. Questo perchè è la società stessa che in primis veicola questo messaggio, messaggio che non corrisponde però a ciò che succede nella realtà, o meglio, ciò che ci viene comunicato tramite slogan, immagini e pubblicità è solo una parte, una semplificazione di quello che accade quotidianamente nelle neo-famiglie. E poi cos’altro succede? Certamente sappiamo che i bambini piangono e che non sarà facile ma niente di che rispetto a tutta l’euforia, la gioia e lo stupore di assistere ai primi momenti di vita dei nostri neonati. Fermiamoci un momento però. Siamo in grado di visualizzare tanto nitidamente anche l’immagine di una neo-mamma, ad esempio, che, sola in casa, piange, non riesce a fermarsi, guarda il suo bambino piangere da diverso tempo, e nemmeno lui si ferma, chissà perchè, non si capisce, lei le ha provate tutte, non funziona niente, il medico dice che sta bene, ma lui continua, sempre più forte, e non è la prima volta, sembra quasi essere la normalità in queste prime settimane, lei guarda il piccolo continuare a piangere e, in lacrime, pensa: “io non sono più sicura di voler continuare a essere mamma”. Riusciamo a immaginare questa situazione con la stessa facilità della prima? Molto probabilmente no, anzi, la allontaneremo velocemente dai nostri pensieri ritenendo che c’è qualcosa che non va in lei, che è sbagliata o addirittura malata. Come si può pensare di non voler essere più madri o genitori?
Non è socialmente accettabile che una madre o un padre sentano di non volerlo più essere o si sentano talmente tanto in difficoltà da rivalutare la loro scelta. L’unico scenario in cui questi vissuti sono possibili corrisponde alle tragedie di cronaca, agli infanticidi che vengono stigmatizzati come situazioni che hanno a che a fare con la patologia.
Cambiamenti ed emozioni contrastanti
Tra l’essere perdutamente innamorati delle guance rosa dei nostri bambini e un infanticidio però c’è una ampia scala di grigi, ovvero tutte quelle situazioni che corrispondono al grande cambiamento che l’arrivo di un figlio implica. Cambiamenti individuali, di coppia e familiari: da singolo individuo assumiamo il ruolo di genitore, da una diade diventiamo una triade e ogni componente della famiglia anche più allargata investirà amore ed energie in questo bambino. E come ogni cambiamento è complesso, impegnativo e non immediato; abbiamo bisogno di tempo per trovare un equilibrio nuovo fatto di nuove dinamiche – interne ed esterne a noi –, nuovi tempi, nuovi spazi e nuovi esseri umani in miniatura da conoscere e da cui farci conoscere.
Questi cambiamenti portano con sé emozioni e sentimenti nuovi e, talvolta, in contrasto tra loro: pensiamo ad esempio all’amore sconfinato e la consapevolezza di poter fare letteralmente qualsiasi cosa per il bene del nostro bambino ma allo stesso alla preoccupazione che nasce dalla grande responsabilità che il ruolo di genitore implica; responsabilità di proteggerlo, di offrirgli le cure più ottimali, di non commettere errori, di permettergli di permanere in una condizione di benessere, di garantirgli il migliore futuro possibile e via discorrendo. Si cerca in poche parole di essere genitori perfetti ma questo si scontra inevitabilmente con la realtà e le sue sfide, il che può generare frustrazione, inadeguatezza e impotenza nelle situazioni che si percepiscono come difficoltose; abbiamo visto ad esempio nell’articolo “Il pianto inconsolabile del neonato e come gestirlo” quanto possa risultare complessa e non scontata la gestione di una crisi di pianto inconsolabile. Vi sono però altre circostanze, meno specifiche, in cui ci si può trovare a provare tali vissuti: si pensi banalmente alla stanchezza che si sperimenta durante i primi mesi di vita del bebè a causa di notti travagliate e dell’adeguamento dei propri ritmi ai suoi ma all’inderogabile necessità di prendersi cura di lui. Oppure pensiamo allo sforzo e all’impegno richiesto alle donne per conciliare il nuovo ruolo di madre con le restanti sfere della propria vita: l’eventuale dispiacere di sospendere l’attività lavorativa, l’impossibilità di mantenere i propri hobby tali e quali a prima della nascita del bambino, al cambiamento delle nostre relazioni sociali e il tempo che dedichiamo loro e, non da ultimo, al grande sforzo per continuare a gestire efficacemente le faccende domestiche. Non è poi raro che queste difficoltà e molti momenti critici incontrati nella quotidianità vengano affrontati in solitudine dalle neo-mamme: come abbiamo detto, è infatti alla donna a cui viene richiesto di interrompere la propria attività lavorativa per dedicarsi al proprio figlio e, per quanto una solida rete sociale possa aiutare, per buona parte della giornata sarà da sola a dover decidere quali azioni intraprendere affinchè il bambino possa stare bene. Sono le neo-mamme, inoltre, a dover fronteggiare anche i cambiamenti ormonali, più o meno intensi, che succedono la gravidanza e che frequentemente rendono ciò che si sta vivendo e provando amplificato; in alcuni casi le donne possono ritrovarsi ad accusare sintomi molto forti definiti Depressione Post-Partum, che come abbiamo visto nel relativo articolo, sono fonte di sfiducia rispetto alle proprie capacità di gestire anche le difficoltà più piccole che risultano invece insormontabili.
Durante i primi mesi di vita del neonato dunque, i genitori – in particolar modo le madri – saranno chiamati ad affrontare diversi fattori di stress che possono essere fonte di emozioni inattese che si scontrano con l’idealizzazione che ci si era fatti di questo primo periodo roseo. Sarà quindi normale sia sentirsi entusiasti e grati per il nuovo arrivo sia sconfortati, affaticati, tristi e a volte anche un po’ arrabbiati per non poter più vivere la tranquillità di quando potevamo decidere di restare seduti a leggere un libro finchè ne avevamo voglia. E se ci si sente in colpa?
I sensi di colpa sono un altro vissuto molto diffuso in questo periodo e nascono dall’idealizzazione che ci siamo fatti dei primi mesi in compagnia del nostro bambino, ma è necessario tenere presente che:
- ogni forma di vissuto è lecita e legittima, anche la più controversa; ognuno di noi vive e reagisce a proprio modo alle prove che la vita ci sottopone;
- accettiamo la possibilità di provare sentimenti contrastanti tra loro e prendiamo consapevolezza che la nascita di un bebè oltre a portare con sé tanta gioia porta con sé anche tante sfide, più o meno complesse;
- non siamo dei cattivi genitori quando ripensiamo con rammarico alla condizione antecedente la nascita dei nostri figlie quando tentiamo qualsiasi cosa che ci possa permettere di riposare e riprendere energie: siamo esseri umani che cercano di affrontare una situazione nuova e talvolta complicata;
- è importante comunicare al/alla proprio/a partner ciò che si sta vivendo: ciò permette di non sentirsi i soli a provare un determinato sentimento e di ricevere supporto dall’altro;
- avere bisogno di aiuto è normale, chiediamolo! Facciamo affidamento alla nostra rete sociale e a professionisti esperti.
Prendersi cura di se stessi è uno degli atti di amore più grandi nei confronti dei nostri figli: ciò che permette loro di stare bene non è avere genitori perfetti ma avere genitori sereni, con se stessi e con il proprio partner.
Mama Chat mette a disposizione una équipe di Psicologhe esperte sui temi della maternità, della prima infanzia e della genitorialità con cui poter svolgere Video-Terapie in cui affrontare questa fase delicata, non esitate a scriverci!
D.ssa Francesca Cavana – Psicologa di Mama Chat