La serie Baby Reindeer è stata scritta, diretta e interpretata da Richard Gadd, sceneggiatore e attore scozzese che ha raccontato fatti realmente vissuti in prima persona con un’intensità emotiva coinvolgente e disturbante. Una storia sincera, drammatica, un resoconto personale e straziante di violenze subite.
Donny sogna di fare il comico, carriera che desidera ardentemente, ma che non decolla. Mentre cerca faticosamente di raggiungere il successo sperato, vive dalla madre della sua ex fidanzata e lavora come barista in un pub. Immerso nella sua quotidianità sospesa e senza prospettive, durante un normale turno, incontra Martha, una donna dall’aria affranta, sedicente avvocato di importanti politici britannici. Dopo un breve scambio in cui lei ride alle battute di lui e Donny ricambia con gesti gentili, Martha diventa una presenza sempre più ingombrante, invadente da cui Donny, attratto e angosciato allo stesso tempo, non riesce a liberarsi. Martha, stalker recidiva, lo perseguita per anni, sia con la sua presenza, sia con l’uso della tecnologia. Entrambi si ritrovano avvolti in un vortice di dipendenza, violenza, ossessioni, confusione, angoscia e disperazione in cui riemergono e si mescolano le vicende personali del passato. Questo incontro sarà per ognuno la chiave di accesso ai demoni del passato. Entrambi saranno costretti a confrontarsi e a fare i conti con le storie che si portano dietro e dentro.
La serie si apre con Donny che si rivolge alla polizia nel tentativo di denunciare le violenze subite. Ciò che colpisce è la domanda del poliziotto “Come mai denuncia solo ora?” Domanda intrisa di tutti i risvolti psicologici. Come si può accettare lo stalking? Perché aspettare mesi di persecuzioni prima di denunciare? Perché restare dentro una relazione abusante? Perché tornare da chi fa del male?
«Martha mi vedeva nel modo in cui volevo essere visto». In questa dolorosa confessione di Donny c’è il senso di tutto. Lo spettatore scopre che lui, anche in passato ha subito abusi, stupri, manipolazioni, da parte di chi gli prometteva il successo tanto desiderato, offrendogli l’illusione del potere.
Il fulcro del racconto non è lo stalking, quanto l’attrazione profonda tra due persone che in questo caso si trasforma in legame disfunzionale. Vediamo due persone che cercano di rimarginare la propria ferita del passato nella relazione con l’altro, due persone che nutrono inconsciamente la speranza illusoria che lo sguardo dell’altro risolva i propri traumi e dolori. Due anime spezzate che si sono riconosciute e specchiate. L’uno legge negli occhi dell’altro un dolore, che egli stesso porta dentro di sé. Ognuno di loro riconosce e sente immediatamente dentro di sé il dolore dell’altro, un dolore che gli appartiene. In quel momento si riconoscono e vivono l’attrazione reciproca. Il presunto comico e la presunta avvocata sono l’uno il rovescio della medaglia delle fragilità e del disagio psicologico dell’altro, la loro vulnerabilità li avvicina umanamente e li fa sentire simili e complementari. Entrambi incarnano il desiderio di fama e il vivere di vergogna, il voler essere amati e l’essere disprezzati. Martha intercetta la sofferenza di Donny forse ancora prima che lui riesca a confessarla a sé stesso e farci i conti. Donny si sente messo all’angolo, minacciato e soffocato dalle attenzioni non richieste da parte di Martha, ma non può sottrarsi, prova dispiacere per lei «Mi dispiaceva per lei. È la prima cosa che ho provato.»
Donny e Martha condividono un forte senso di invisibilità, inadeguatezza e di profonda solitudine, mossi da un disperato bisogno di essere visti, amati e apprezzati per quello che sono. Alla fine della serie scopriamo che i gesti gentili ricevuti inizialmente da Donny hanno nutrito quel profondo bisogno di esistenza e di riconoscimento di Martha che da piccola ha vissuto nell’ombra di genitori che litigavano. Era sola, impotente e nessuno ha considerato i suoi bisogni. Aveva con sé soltanto una piccola renna: “era l’unica cosa bella della mia infanzia. Beh, tu sei l’immagine sputata di quella renna. Lo stesso naso. Gli stessi occhi. Lo stesso bel sederino. Significa molto per me. Tu sei molto importante per me».
La serie rompe le linee di demarcazione. Mette in luce come nelle storie di vita nulla ha contorni netti, ma esistono milioni di sfumature, non si può utilizzare un approccio moralistico, giudicante o semplicistico che divide bene e male o che vede distinti ruoli di vittima e carnefice. Non c’è un personaggio che possa essere completamente assolto rispetto alla responsabilità delle proprie azioni, nemmeno il protagonista. Per aiutarci a comprendere tale complessità infatti Donny racconta la propria storia ricostruendo a ritroso l’intera vicenda, pezzo dopo pezzo, con flashback e salti tra passato e un presente sfaccettati, componendo il mosaico di un’esperienza reale e dunque complessa. Analizzata a posteriori, puntata dopo puntata, proprio come in un percorso di psicoterapia, si dipana una trama sempre più ampia e ricca delle storie individuali e dei retroscena per cui scelte e comportamenti acquistano senso. Il protagonista che rivive ricordi ed esperienze, fa un percorso (terapeutico) di auto-narrazione e dolorosa trasformazione e rielaborazione dei traumi subiti con profonda schiettezza, umiltà e inevitabile autenticità.
Il protagonista compie un vero e proprio viaggio emotivo. La consapevolezza gli ha permesso non soltanto di raccontarsi tutta la verità, senza più mentire a sé stesso, ma anche di raccontarla agli altri. Aprire gli occhi fa male, ma è un dolore necessario.
Cosa ci può proteggere dal vivere queste esperienze? La conoscenza della nostra storia e di quella che ereditiamo dai nostri familiari. Non delegare il nostro benessere, il nostro valore alle cose o alle altre persone, ma la capacità di nutrire noi stessi di un nostro sguardo validante. Se aspettiamo che arrivi dall’esterno rischiamo di renderci dipendenti e vulnerabili. Come mi guardo? Cosa vedo di me? Mi do valore? Cosa vedo negli occhi del mio partner? Cosa mi hanno ricordato appena li ho incrociati?