Empowerment e diritti

Diversity & Inclusion in azienda

Ciascuno di noi, nell’arco della propria vita, ha sperimentato la spiacevole esperienza di essere escluso da un qualsivoglia gruppo d’appartenenza: scolastico, lavorativo, amicale, etnico, etc.

La società contemporanea è sempre più attenta e sensibile ai temi della diversità e della pluralità di visioni: si tratti di etnia, genere, età, corpo, livello socio-economico, orientamento sessuale, etc.; tuttavia essere lasciati ai margini, o ancora subire la resistenza di chi non vuole che oltrepassiamo determinati confini, è un vissuto comune quanto doloroso per l’essere umano, creatura sociale dotata di competenze tali da desiderare come obiettivo primario della propria esistenza il senso di appartenenza, il belonging.

La Diversity & Inclusion (D&I) si occupa proprio di questo: sviluppare all’interno dei gruppi e delle organizzazioni modalità operative, schemi comportamentali, consapevolezza emotiva e formazione continua col fine di raggiungere un obiettivo che possa contenere in esso il benessere aziendale, la produttività e l’autorealizzazione del singolo. 

La D&I parte dal presupposto che gli individui, all’interno dei gruppi, sentono il bisogno di esprimere la propria identità e di percepire un clima di accoglienza, supporto e valorizzazione della diversità e della giustizia. Questo si traduce nel fatto che le persone lavorano meglio se sentono di poter trovare il loro posto in azienda e se percepiscono che tutti sono trattati con equità. Se i gruppi sono sostenuti in questo processo, le dinamiche interne e gli output sono migliori e di qualità, innovativi e creativi.

Ma cosa vuol dire creare D&I in azienda?

In primo luogo, per ottenere un’effettiva inclusione ed equità che garantiscano il rispetto della diversità, è necessario creare delle differenze di trattamento che eliminino ostacoli oggettivi: ne sono un esempio le politiche inclusive nei confronti delle persone portatrici di disabilità, ma non solo. E’ facile immaginare, seppur troppo spesso ancora così difficile da mettere in pratica, come una persona incinta o un neo genitore necessitino di un trattamento differenziato e supportivo da parte di tutta l’azienda.

Agire quindi una “discriminazione positiva” al fine di garantire a ciascun individuo gli strumenti adeguati alle proprie specificità.

Un ulteriore sforzo delle aziende inclusive è quello di definire politiche interne ed esterne nonché modalità comunicative che abbiano a cuore i temi caldi della D&I e che riguardino sia la fase di selezione del personale, che quella successiva di inserimento e gestione:

    • gender diversity: ogni membro di un’organizzazione ha il diritto di essere rispettato e trattato con eguali possibilità e trattamento a prescindere dalla sua identità di genere, il suo orientamento sessuale o il sesso biologico;
    • age management: i lavoratori non devono essere discriminati in base all’età e l’azienda deve muoversi affinché le competenze di ciascun individuo durante il suo percorso di carriera siano valorizzate e potenziate;
  • cultural diversity: le aziende ottengono migliori risultati se si impegnano a includere e valorizzare le differenze etniche, religiose o culturali del proprio team di lavoro, puntando sulle competenze e le peculiarità di ognuno;
  • disability management: le persone portatrici di una disabilità fisica o psichica sono spesso discriminate già in fase di selezione. Un’azienda capace di includere, sostenere e valorizzare questi lavoratori è certamente una realtà in grado di sviluppare equità e giustizia interne.

Diffondere la cultura della D&I in azienda è un processo lungo, che richiede impegno e spesso cambiamenti organizzativi, ma soprattutto necessita della scelta quotidiana di ogni individuo, a partire dal management e poi a cascata su tutti i lavoratori, di lavorare sulla propria emotività e sulla consapevolezza personale che ciascuno di noi per primo è stato escluso, o ha escluso qualcun altro.

Un lavoro costante di formazione sull’individuazione dei principali bias di pensiero che concorrono allo sviluppo di stereotipi e pregiudizi, ossia forme di pensiero prototipiche e abbozzate che spogliano le persone dalla loro complessità per relegarle a un’etichetta, è senz’altro auspicabile. Allo stesso modo, così come è importante rieducare il modo di percepire e pensare, è fondamentale prendersi cura del modo in cui comunichiamo: la comunicazione di ogni persona, e più in grande la comunicazione interna ed esterna di un’azienda, hanno un impatto, ed  necessario tenerlo in considerazione. 

La D&I si impegna a sviluppare modelli comunicativi inclusivi e non stereotipici, che tengano conto delle diversità e dei bisogni emotivi della popolazione, abbattendo le barriere comunicative o le vere e  proprie forme di violenza verbale, manifeste o celate (linguaggio di genere, ageista, non abilista, etc.). Il fine ultimo della D&I, in tutte le sue politiche, siano esse rivolte ai propri lavoratori (politiche interne), agli stakeholders (politiche esterne) o alla società (come nel caso del brand activism), è lo sviluppo di un senso di appartenenza, sentimento che alimenta il benessere aziendale e di conseguenza la produttività.

Quello dell’inclusione e della diversità in azienda è un obiettivo impegnativo, che affronta numerose sfide e anche, com’è giusto che sia, aspre critiche. Nel tentativo di contenere e accogliere tutta la complessità della vita dei gruppi e delle organizzazioni, un primo passo essenziale è quello che parte dall’individuo e dalle sue scelte quotidiane che siano volte a un percorso di inclusione, rispetto e pluralità.

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