Maternità e Gravidanza

Sono stata vittima di violenza ostetrica?

Oltre 1 milione di donne in Italia ha subito violenza ostetrica. Di cosa si tratta e come faccio a scoprire se ne sono stata vittima, oppure ad evitare di ritrovarmi in tale situazione durante il parto?

Cosa significa “violenza ostetrica” 

Il termine violenza ostetrica si riferisce all’abuso che avviene nell’ambito generale delle cure ostetrico-ginecologiche e che può essere realizzato da tutti gli operatori sanitari che prestano assistenza alla donna e al neonato (ginecologo, ostetrica o altre figure professionali di supporto).
Non fa riferimento necessariamente a situazioni in cui gli operatori sanitari agiscono deliberatamente per ferire o abusare, ma anche purtroppo a situazioni di normalità: è l’appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, ha a che fare con l’abuso di medicalizzazione e l’imposizione, spesso standardizzata, di cure o pratiche alle donne senza il loro consenso, senza fornire le adeguate informazioni e talvolta contro la volontà di quelle stesse donne. 

In cosa si caratterizza?

Insulti, abusi fisici, rifiuto di offrire un’adeguata terapia per il dolore o la separazione dal bambino sono solo alcune delle situazioni che possono vivere le donne durante il parto e che le escludono dalle decisioni sulla propria gravidanza.

Violenza Ostetrica

Una neomamma ha già fatto un lungo processo quando arriva al momento del parto…

La maternità è infatti un processo che inizia prima della nascita e non si esaurisce con essa. Un grande rischio è quello di considerare la gravidanza come un “fatto fisico” e come una cosa che “riguarda solo la donna”.  Coinvolge invece sempre più anche l’uomo oltre a tutti gli altri attori necessariamente chiamati in causa, parte del percorso: gli operatori materno-infantili, la famiglia, la rete amicale, sociale e lavorativa. 

Il periodo che precede il parto richiede un tempo congruo per “pensarsi” al fine di attivare delle risorse personali, soprattutto psicologiche, che sono elementi indiscutibili e preziosi per la futura maternità.

Il parto è un’esperienza intensa e importante, che molte donne definiscono trasformativa e fondante. Sicuramente è un’esperienza personale, unica, che ogni donna ha il diritto di vivere secondo il proprio modo di essere e di sentire. 

Per esempio alcune donne vorrebbero l’epidurale, altre il parto in acqua, o in casa, o in ospedale e tanto altro ancora. Per questo motivo i genitori dedicano molta attenzione e tempo alla scelta del luogo del parto.

Il fatto che alcuni percorsi ospedalieri non prestino alcuna attenzione ai bisogni e alla volontà della donna, imponendole per esempio la posizione da assumere durante il travaglio e il parto, può provocare un effetto dannoso sulla salute di madre e neonato.

Quali sono le conseguenze della violenza ostetrica sulla mamma e sul neonato?

Un parto in cui è avvenuta la violenza ostetrica porta alla donna la perdita di autonomia, della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, influenzando negativamente la qualità della sua vita.
Oltre ai possibili danni fisici, la violenza ostetrica produce un danno psicologico, i cui effetti a breve, medio e lungo termine influiscono negativamente nella relazione madre-figlio. A livello psicologico può innescare un processo di sfiducia in se stessa e nelle proprie capacità e competenze che può produrre un senso di inadeguatezza, insicurezza e impotenza, spesso accompagnati da vissuti di sconforto, ansia e paura.

Aver subito pratiche invasive, non essere stata informata, essere stata trattata con poco rispetto, può far vivere il travaglio e il parto come momenti traumatici e questa esperienza può portare la donna a provare sentimenti di svalutazione e auto colpevolizzazione: pur non avendo alcuna responsabilità, le donne possono rimproverarsi di non aver gestito e vissuto il parto come desideravano, di non essere riuscite a tenere il proprio bambino con sé, di non essere state in grado di farsi sentire.

Tra gli effetti di questo trauma può esserci anche una diminuzione della capacità empatica, che può giungere fino a creare un senso di estraneità e distacco che causa interferenze su l’instaurarsi di un valido e positivo legame di attaccamento tra la mamma e suo figlio.

Come poter prevenire situazioni analoghe in futuro?
Informandosi e promuovendo quello che già nel 1985, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato: le Raccomandazioni basate su prove di efficacia, riguardanti le modalità di assistenza al travaglio, al parto e al post partum, indicando chiaramente le pratiche efficaci e appropriate e quelle sconsigliate e dannose.

Quali pratiche secondo l’OMS sono da evitare, in assenza di una precisa indicazione medica?

  • il clistere
  • la depilazione
  • la rottura delle membrane
  • la posizione obbligata durante travaglio e parto
  • il digiuno e il divieto di bere
  • l’episiotomia (il taglio del perineo)
  • le spinte sulla pancia (manovra di Kristeller)
  • il taglio precoce del cordone e la separazione della madre e del neonato dopo il parto (nessun processo di osservazione neonatale giustifica un allontanamento dalla madre, se non in caso di specifiche condizioni cliniche)

Sono consigliate invece, per esempio:

  • assistenza alla maternità basata sul rispetto e incentrata sulla tutela dei diritti umani delle partorienti e dei nascituri;
  • assistenza alla maternità rispettosa, intesa come cura organizzata per tutte le donne, volta a mantenere la loro dignità, privacy e riservatezza, che consenta la scelta informata e il sostegno continuo durante il travaglio e la nascita;
  • tecniche di rilassamento come il rilassamento muscolare, respirazione, musica, mindfulness e altre, per le donne che richiedono sollievo dal dolore;
  • uso dell’epidurale se la donna la desidera, nonostante la complessità degli esiti correlati;
  • contatto pelle a pelle (skin-to-skin
  • possibilità di tenere nella propria stanza il bambino dopo il parto, giorno e notte, senza limiti di orario, conosciuto come rooming-in.

Cosa può fare la donna durante il travaglio e parto?

  • Ha il diritto di chiedere informazioni rispetto a farmaci e procedure: nessuno può imporre la somministrazione di un farmaco o l’imposizione di un trattamento se la donna non è d’accordo (es: infusione di ossitocina, scollamento delle membrane, rottura del sacco). Se non convinta, ha diritto di chiedere un altro parere, anche di un sanitario esterno alla struttura dove è ricoverata (ad esempio l’ostetrica di riferimento);
  • può rifiutarsi di stare sul lettino durante il travaglio e il parto e scegliere liberamente la posizione che la fa stare meglio e in cui si sente più a suo agio;
  • può rifiutare l’episiotomia (forse l’intervento chirurgico più diffuso al mondo e al quale le donne vengono sottoposte nella stragrande maggioranza dei casi senza nessuna reale necessità);
  • dopo il parto può scegliere quando tagliare il cordone;
  • è suo diritto tenere il figlio con sé dopo la nascita e nei giorni del ricovero se lo desidera (nessuna procedura ospedaliera può imporre una separazione coatta, tutti i controlli di routine possono essere eseguiti mentre sta con lei).
  • può richiedere assistenza al nido se presente nella struttura o all’équipe sanitaria, sia durante le ore notturne che durante il giorno, per riuscire a dormire ed evitare situazioni di sovra-affaticamento e il cosiddetto “rooming-in forzato”
  • può rispettare la tua carta del parto, per maggiori informazioni consulta anche l’articolo I diritti delle mamme – la carta del parto – Mama Chat

E nel post-partum?

La condivisione dell’esperienza parto con il/la propri* partner fin da subito permette alla coppia genitoriale di crearsi, consolidarsi, affrontando tale esperienza uniti, e l’accudimento, l’alleanza di quei giorni sono fondamentali protettori da depressioni post-partum e difficoltà materne psicologiche quali ansia, rabbia e fragilità. 

Mama Chat ha anche lanciato su change.org una petizione online per fermare la violenza ostetrica
La violenza ostetrica che permea quotidianamente nelle strutture Italiane miete vittime inconsapevoli creando traumi psicologici gravi che hanno effetti non solo sulle mamme ma anche sui loro bambini. L’obiettivo di questa petizione è che vi siano più controlli e il supporto alle famiglie soprattutto nei momenti parto e post-parto, i quali sono estenuanti, fragili e difficili da affrontare, siano guidati dagli esperti anzichè ostacolati, con cura e con consapevolezza, mettendo i bisogni delle mamme e l’assistenza a loro al centro.

Firma la petizione

Un invito per tutte le donne (e famiglie): informatevi agli sportelli nascita degli ospedali in cui si vorrebbe partorire ed evitate le strutture sanitarie che non seguono i propri diritti ma, al contrario, mettono in atto un’assistenza spesso aggressiva, non rispettosa delle volontà della mamma e del neonato, seguendo obsoleti protocolli interni.

Se hai vissuto violenza ostetrica puoi denunciare la tua storia allo sportello legale della struttura ospedaliera e se ti va raccontarla sul nostro muro della storia invisibile per far sentire meno sole le altre donne.
Se hai bisogno di un supporto psicologico non esitare a contattarci in chat o prenotare una video-terapia con le nostre professioniste.

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