Il Disturbo da Uso di Alcol (o DUA) viene definito dal DSM 5 (II Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) come una modalità disfunzionale di assunzione delle sostanze alcoliche, definito dalla presenza di due o più di una serie di sintomi, nell’arco di 12 mesi.
I sintomi in questione comprendono:
- assunzione di alcol in quantità superiori o per periodi più lunghi rispetto alle intenzioni del soggetto
- desiderio costante di assumere alcolici o fallimenti nel tentativo di ridurre l’assunzione di alcol
- gran parte del tempo della giornata è impiegato nel bere, nel recuperare alcolici o nel gestire i sintomi da intossicazione (cioè dopo aver abusato di alcol)
- il soggetto sente un impellente e incontrollabile bisogno di bere (definito craving)
- l’uso di alcol comporta fallimenti nell’adempimento delle proprie responsabilità a casa, al lavoro o a scuola
- il soggetto mantiene l’uso di alcol nonostante questo sia causa di ricorrenti problemi sociali
- importanti attività vengono abbandonate per lasciare spazio all’uso di alcolici
- l’alcol è utilizzato in situazioni in cui è fisicamente pericoloso farlo (es.guidare)
- utilizzo continuativo di alcol anche dopo la comparsa di problemi psicologici o sociali attribuibili all’abuso alcolico
- sviluppo della tolleranza verso l’alcol, manifestata con aumento significativo della quantità di alcol necessaria a soddisfare il bisogno alcolico
- presenza di sintomi astinenziali o comportamenti atti a non provare sintomi astinenziali (bere alcolici per non provare o ridurre tali sintomi)
Gli ultimi due criteri si riferiscono ai concetti di tolleranza e astinenza che caratterizzano anche le altre dipendenze da sostanze. L’alcol infatti, al pari delle altre sostanze illegali, è una sostanza psicotropa, una droga che altera il comportamento, le emozioni e i pensieri della persona che lo consuma, anche se assunto in piccole quantità.
A differenza delle altre sostanze illegali però, l’alcol è di facile accesso e i suoi effetti vengono esaltati fin dai tempi più remoti. Il vino, in modo particolare, era visto come qualcosa che permetteva di entrare in contatto con il sacro, un modo per stabilire una connessione con il divino. Tutt’ora, chi è in grado di reggere grandi quantità di alcol viene considerato come una persona forte, che ha delle capacità particolari, perché sa gestire il legame con una sostanza potente, “straordinaria“. E chi non lo regge, invece? Solitamente la risposta nei confronti di coloro che perdono il controllo riguardo l’uso di alcol è di grande biasimo, di svalutazione. Chi ha un problema con l’alcol viene subito associato all’immagine del degenerato, del vizioso, di colui che è debole e non è stato capace di gestire un grande dono. In questa scissione, tra chi “sa bere” e chi non è capace, trova spazio la grande ambivalenza della nostra società nei riguardi delle sostanze alcoliche e di coloro che hanno un DUA.
L’alcol, fin da quando siamo bambini, ci viene proposto come qualcosa di esaltante, migliorativo, che addirittura fa bene alla salute (es. quanti ancora sostengono in maniera erronea che bere vino rosso fa bene al cuore?). Contemporaneamente però gli aspetti pericolosi, i rischi per la salute (l’alcol, oltre a impattare negativamente sul fegato e sul cervello, è anche una potente sostanza cancerogena dal momento che il nostro corpo non è in grado di metabolizzarla completamente), gli effetti depressivi a lungo termine che l’alcol induce sul nostro organismo (che sono gli stessi, che a breve termine, tolgono le inibizioni o ci fanno divertire anche in una situazione noiosa) ci vengono tenuti nascosti.
Perché si inizia a bere?
Si inizia così a bere per tante ragioni: solitamente si comincia in adolescenza, per sperimentarsi, per trasgredire, per emulare gli altri. Alcune persone si accorgono che bevendo sono più spigliate, più rilassate, riescono ad essere meno colpite dalle loro emozioni. Una volta che l’adolescenza termina, l’alcol invece di essere utilizzato in modo occasionale, sociale, per alcuni diventa sostanza di abuso e/o si beve “per” raggiungere un certo stato che altrimenti non si potrebbe sperimentare (meno ansia, riuscire a dormire, rilassarsi dopo la giornata di lavoro, essere meno timido ecc.).
A lungo andare la sostanza alcolica, se non subentrano altre strategie volte a garantire l’omeostasi emotiva, diventa la “stampella” che accompagna la giornata, una sorta di amico a cui affidare le emozioni e la loro gestione.
Le specifiche del Disturbo da Uso di Alcol
Quando si parla di DUA non per forza si deve iniziare a bere fin dal mattino: non è una questione di quantità ma di qualità e quindi di come si utilizza la sostanza alcolica e la funzione che svolge nella quotidianità e nelle relazioni interpersonali.
Alcune persone dall’abuso passeranno alla dipendenza, che risulta praticamente impossibile affrontare da soli. Una volta subentrata, la persona soffrirà di una malattia cronico recidivante che quindi dura per tutta la vita e che non conosce guarigione: l’unico modo per gestirla è astenersi completamente. La sostanza alcolica ha preso il controllo della vita della persona e quest’ultima non può appellarsi alla forza di volontà per moderare l’assunzione. Né possono chiederglielo le persone intorno a lui, che vengono colpite dalla patologia in maniera indiretta, nella gestione delle conseguenze del familiare con DUA.
Le pubblicità consigliano di bere responsabilmente: quando si sviluppa DUA non è più possibile farlo, così come non è possibile nemmeno sapere quando la dipendenza si svilupperà. Non è qualcosa che si può controllare, non è una scelta della persona quella di diventare un alcolista. Sicuramente maggiori e/o costanti quantità di alcol sono più dannose risp
etto a un consumo occasionale, sporadico e aumentano il rischio di sviluppare un DUA.
Prima che diventi dipendenza la persona può invertire la rotta: diventare consapevole del ruolo che l’alcol svolge nella sua vita e delle emozioni che gli ha affidato, è il primo passo per prendersi cura di sé in modo intenzionale e per abbandonare una modalità fondata su un concetto illusorio di automedicamento.
La persona, attraverso l’alcol, copre un malessere sottostante per il quale non riesce a chiedere aiuto. Con l’alcol crede di potersi anestetizzare rispetto al dolore ma, in realtà, la sostanza non fa che accrescerlo ancora di più, rendendo la persona sempre più sola e lontana dagli altri.
Come chiedere aiuto
La psicoterapia può essere un primo momento di confronto con se stessi e con un professionista per comprendere le proprie modalità di assunzione e iniziare ad affrancarsi da comportamenti di abuso, sviluppando nuove strategie, interne ed esterne, per gestire le situazioni di fatica. Nel momento in cui la patologia è conclamata invece, la psicoterapia individuale deve necessariamente essere affiancata da un lavoro di équipe che coinvolga differenti figure professionali che possano sostenere la persona e la sua famiglia in questo difficile percorso di cura dalla dipendenza.